“Nessun distillato ispira tanta passione come il whisky; ogni bicchiere racconta una storia che parla delle terre selvagge delle Highland, delle calde contee americane sino arrivare alle pendici delle mistiche montagne del Giappone e che ormai sempre più ci rimanda ad ogni angolo del mondo. Dietro la coltre del mistero, ogni sua singola goccia racconta una storia fatta di uomini e di come il loro ardore abbia consentito di plasmare la natura degli elementi amalgamandoli assieme, rendendo tangibile il tempo trascorso ogni volta che ne apriamo una bottiglia; è per questa ragione che i consumatori non vogliono limitarsi a bere un buon whisky, ma vogliono conoscerne l’origine, la produzione e i segreti”.
Il viaggio inizia dalle 𝗡𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗶 𝗰𝗵𝗲 𝗵𝗮𝗻𝗻𝗼 𝗽𝗹𝗮𝘀𝗺𝗮𝘁𝗼 𝗶𝗹 𝘄𝗵𝗶𝘀𝗸𝘆:
Iniziamo dal glorioso Johnnie Walker Gold:
Proseguiamo con Toki:
il Blended di casa Suntory è un inno alla capacità giapponese di generare armonia. Questo Toki contiene i whisky delle tre distillerie del gruppo, Yamazaki, Hakushu e Chita, e si presenta fresco, floreale e molto scorrevole. Lievemente zuccherino, con accenni di cereali e frutta bianca. Sarebbe interessante provarlo in un mizuwari dissetante.
Per gli amanti della torba, Connemara:
Grande classico, anche se di torbati irlandesi ce ne sono ben pochi. Piacevolmente vegetale e floreale, trova la sua ragion d’essere in una torbatura delicata ma decisa. Da berne a litri!
Voliamo in Canada con un classico, Crown Royal:
Anche qui abbiamo a che fare con un prodotto storico, attraverso cui si possono ripercorrere le tappe della distillazione in Canada. Il whisky però non è esattamente una storia a lieto fine: molto dolce e caramelloso, con sentori acri di acquavite. Non troppo nelle mie corde.
Giungiamo al classico e ben fatto Bourbon, Eliah Craig:
Prevalenza di note marcate di vaniglia, frutta gialla, legno dolce. In purezza si lascia degustare senza troppi intellettualismi e non fatico a pensare che in un Old Fashioned possa migliorare di molto anche la serata più storta.
Concludiamo il nostro viaggio sensoriale con Rittenhouse:
Rye statunitense che mi lascia un po’ spiazzata. Il naso ricorda alimenti dolci come lo zucchero filato… al palato arriva però la sorpresa, con un gusto molto interessante, secco, piccante e fruttato il giusto. Un Rye didattico, che dimostra bene come si possa trasformare un cereale povero come la segale in oro liquido.
Un sentito ringraziamento va a Salvo Meli e gli organizzatori dell’evento ( Keo Comunication di Catania) che ci danno appuntamento alle prossime date per scoprire piacevolmente i segreti racchiusi in questo storico distillato, in collaborazione con Sanpellegrino, OnestiGroup e la F.I.S. ( Fondazione Italiana Sommelier).